1. ANTIBIOTICI
Le condizioni di vita negli allevamenti industriali sono responsabili
del debole stato di salute degli animali. Senza i farmaci, quindi, non
sarebbe possibile far funzionare alcun allevamento intensivo. Per
produrre 1 chilogrammo di carne sono impiegati mediamente 100 mg di
antibiotico. I farmaci rimangono spesso nei tessuti degli animali e
arrivano nel piatto. Ciò significa che l’italiano medio che consuma
circa 87 kg di carne ogni anno (senza considerare i consumi di prodotti
ittici) ingerisce involontariamente quasi 9 grammi di antibiotici,
equivalenti alla somministrazione di circa 4 terapie antibiotiche ogni
anno. Il consumo di carne comporta rischi sanitari di cui si parla ben
poco in Italia e di cui raramente i consumatori hanno consapevolezza:
dal rischio di assumere antibiotici ‘a pranzo e a cena’, al rischio di
venire a contatto con patogeni che hanno sviluppato resistenze agli
antibiotici.
Secondo l’Autorità alimentare europea, Efsa (European
Food Security Authority), in molti casi i cibi di origine animale
trasmettono all’uomo batteri resistenti agli antibiotici. L’ingestione
continuata - tramite la carne - di questi medicinali può provocare alla
lunga disturbi intestinali cronici e l’inefficacia degli antibiotici
quando ne sorga la necessità. Il rischio è non avere la possibilità di
guarire dalle patologie trasmesse da questi batteri, dalle più semplici a
quelle che potrebbero avere esiti potenzialmente fatali. Tra questi
patogeni che hanno sviluppato resistenze agli antibiotici ci sono anche
la Salmonella typhimurium e parathyphimurium (l’infezione si trasmette
con le uova e la carne, soprattutto avicola e suina), lo Staphylococcus
aureus, Campylobacter coli e jejuni. Ma i rischi maggiori sono quelli
che potrebbe causare un altro batterio divenuto resistente: un
particolare ceppo di Escherichia coli che provoca colite emorragica e
insufficienza renale. La contaminazione del cibo (carne e latte bovino)
avviene attraverso le feci dell’animale, ma anche tramite l’acqua. Il
maggior fattore di rischio è rappresentato dal consumo di carne macinata
di manzo cruda o poco cotta (hamburger disease), ma ne è stata
dimostrata la presenza anche in carni di pollo, agnello e maiale.
2. BATTERI
Si potrebbe pensare che con la somministrazioni degli antibiotici in
corso , la carne sia libera da batteri. Niente di più falso. I batteri
sono all'ordine del giorno nella carne proveniente dagli allevamenti,
inclusi i batteri resistenti agli antibiotici conosciuti anche come
superbatteri . Quasi la metà delle carni di manzo, pollo, maiale e
tacchino, in campioni testati nei negozi di alimentari degli Stati Uniti
conteneva batteri stafilococco, tra cui il resistente batterio MRSA
stafilococco ( meticillina-resistente Staphylococcus aureus ). Anche la
carne di maiale testata dal Consumer Reports nel 2013, conteneva anche
MRSA e altri quattro tipi di batteri resistenti .
3. PRODOTTI PER LA PULIZIA
Dal momento che gli antibiotici non salvano la carne dai batteri, i
produttori di carne sono sempre più creativi. Risale a qualche anno fa
la scoperta di carne schiarita e fatta passare per" carne bovina magra
finemente strutturato " ( LFTB ) conosciuta anche come Pink Slime,
trattata con sbuffi di ammoniaca.
Ma c’ è un altro prodotto di
pulizia utilizzato nella produzione di carne che sta cominciando a fare
notizia : il cloro . Secondo il sito MeatPoultry.com , " il 99 per cento
dei produttori di pollame americana" raffredda i polli "per immersione,
in bagni di acqua clorurati - refrigeratori .
4. FARMACI
Circa
il 45% dei suini Usa, il 30% del bestiame e una percentuale sconosciuta
di tacchini sono “colorati” con il farmaco per l’asma, la ractopamina,
prima della macellazione. Fino al 20% di ractopamina è ancora presente
quando comprate quella carne.
Dal 1998, più di 1.700 americani
amanti della carne di maiale sono stati “avvelenati” in questo modo. Per
questo, la carne con ractopamina è vietata in 160 Paesi diversi tranne
che negli Usa.
Dove è vietato: 160 Paesi tra cui Europa, Russia, Cina e Repubblica cinese.
5. RISCHIO MORBO MUCCA PAZZA
Il primo caso nel 1986, quella della «mucca pazza» fu una delle
peggiori emergenze sanitarie: 207 morti di encefalopatia spongiforme
bovina (Bse), in Europa, per colpa del consumo di carne proveniente da
bovini malati. A scatenare l’epidemia erano state le farine di pecora,
un mix di carne e di ossa, che avevano trasmesso la malattia alle mucche
e poi all’uomo. Dal 1° giugno 2013 le farine animali, bandite nel 2001
dall’alimentazione degli animali, sono tornate. Lo sapevate? A deciderlo
è stata la Commissione europea. Il motivo principale è economico,
costano meno delle farine di soia e rendono di più.
Il numero di
animali colpiti dalla malattia ad oggi è di poco superiore ai 180.000
capi, quasi tutti in Gran Bretagna, qualche centinaio in Irlanda,
Portogallo, Svizzera e Francia; poche unità o decine in Belgio,
Germania, Paesi Bassi, Liechtenstein, Austria e Italia. Sembra
provato che il morbo si sia diffuso anche negli altri paesi a causa
dell'utilizzo delle farine animali prodotte sul posto con parti di
animali provenienti dalla Gran Bretagna per il consumo locale.
6. ORMONI
In alcuni paesi, come gli USA, il trattamento con ormoni è stato
autorizzato negli allevamenti dei bovini da carne; in Italia malgrado il
divieto, il fatto alimentare ha riportato una statistica che denuncia
che nel 15% delle carni analizzate sono stati riscontrati ormoni. In
pratica qualche allevatore fa il furbo.
7. METALLI PESANTI
Anche
dopo la cottura, rimangono nella carne i metalli pesanti (come
l’arsenico ed il rame) contenuti sia nelle droghe veterinarie
somministrate agli animali, sia nei pesticidi con cui viene trattato il
foraggio.
Secondo i risultati di un’indagine pubblicata nel 2010
dall’Office of Inspector General negli Stati Uniti, gli allevatori, al
posto di buttare via il latte prodotto dalle mucche medicate con
antibiotici od altro, lo danno da bere ai vitellini. Il risultato è che
quando successivamente la carne dei vitelli viene venduta al pubblico,
questa contiene i residui delle droghe presenti nel latte che era stato
loro somministrato. Viene citato in particolare il caso della Templeton
Feed & Grain and Darr Feedlots, che recentemente aveva messo in
commercio mucche destinate al consumo umano il cui fegato era
contaminato con l’antibiotico sulfamethazina.
8. MONOSSIDO DI CARBONIO
Perché la carne ha un colore così rosso ? Alcuni anni fa , le
associazioni dei consumatori hanno cercato di fermare la pratica di
"confezionamento in atmosfera modificata " ( MAP ) : esposizione di
carne al monossido di carbonio per mantenere l’ aspetto fresco ma non
hanno avuto successo . Oggi il 70 per cento delle confezioni di carne
negli esercizi, sono trattati con monossido di carbonio per fari si che
il colore rosso della carne ( ossimioglobina ) non si trasformi in un
marrone o grigio ( metamioglobina ) attraverso l'esposizione
all'ossigeno .
9. NITRITI E NITRATI
Sempre per mantenere a lungo il colore rosso della carne negli scaffali dei supermercati, vengono usati nitriti e nitrati.
NITRATI: di per sé sono innocui ma in particolari condizioni possono
trasformarsi in nitriti (lunghi periodi di conservazione, calore, pH
acido). Questa percentuale si aggira normalmente intorno al 20-30% e li
rende molto meno pericolosi dei nitriti.
NITRITI: hanno la
capacità di legarsi all'emoglobina (la proteina del sangue che trasporta
l'ossigeno nel nostro organismo) trasformandola in metaemoglobina e
riducendo di conseguenza il trasporto di ossigeno ai tessuti.
Questo aspetto è particolarmente pericoloso per i bambini ed i neonati
che assorbono maggiori quantitativi di nitriti dall'alimentazione. La
scarsa ossigenazione può, in questi casi, provocare asfissia e
difficoltà respiratorie.
La capacità dei nitriti di combinarsi con
le ammine (composti organici presenti soprattutto negli alimenti
proteici, come carne e salumi) genera sostanze cancerogene chiamate
nitrosamine.
Queste sostanze si formano già nella cavità orale per
opera di alcuni enzimi salivari. Nello stomaco viene invece secreta la
vitamina C (o acido ascorbico) che impedisce la trasformazione delle
ammine in nitrosammine, generando però acido nitrico, un potente agente
mutageno. Inoltre se da un lato la presenza di vitamina C impedisce
questa reazione dall'altro l'ambiente acido dello stomaco la favorisce.
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