Denti bianchi a costo zero .
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martedì 30 settembre 2014
Una crema solare biologica che rispetta l'ambiente e la salute
sabato 27 settembre 2014
venerdì 26 settembre 2014
Nella birra scoperta una sostanza che sveglia il cervello .
Nel luppolo e nella birra un aiuto per ‘svegliare’ il cervello. Entrambi
contengono, infatti, un particolare flavonoide in grado di migliorare
le funzioni cognitive dei giovani topi, ma non nei ‘fratelli’ avanti con
l’età.
Lo indica uno studio americano dell’istituto Linus Pauling e dell’università Oregon State. La sostanza su cui si stanno concentrando gli studiosi è lo xantumolo, molecola polifenolica della famiglia dei flavonoidi prenilati. Fa parte della stessa famiglia di flavonoidi del resveratrolo, contenuto in particolare nel vino rosso e di cui già si conoscono gli effetti anti-invecchiamento e protettivi per l’apparato cardiocircolatorio. Lo xantumolo sarebbe particolarmente utile nelle lotta contro la sindrome metabolica, l’ipertensione arteriosa e il declino cognitivo. Nel nuovo studio è stata utilizzata una quantità nettamente superiore a quello che si può ottenere unicamente con l’alimentazione. I giovani topi che avevano assunto la molecola hanno dimostrato una capacità accresciuta di orientarsi in un labirinto, mentre i più anziani non ne hanno tratto alcun vantaggio.
http://curiosity2013.altervista.org
Lo indica uno studio americano dell’istituto Linus Pauling e dell’università Oregon State. La sostanza su cui si stanno concentrando gli studiosi è lo xantumolo, molecola polifenolica della famiglia dei flavonoidi prenilati. Fa parte della stessa famiglia di flavonoidi del resveratrolo, contenuto in particolare nel vino rosso e di cui già si conoscono gli effetti anti-invecchiamento e protettivi per l’apparato cardiocircolatorio. Lo xantumolo sarebbe particolarmente utile nelle lotta contro la sindrome metabolica, l’ipertensione arteriosa e il declino cognitivo. Nel nuovo studio è stata utilizzata una quantità nettamente superiore a quello che si può ottenere unicamente con l’alimentazione. I giovani topi che avevano assunto la molecola hanno dimostrato una capacità accresciuta di orientarsi in un labirinto, mentre i più anziani non ne hanno tratto alcun vantaggio.
http://curiosity2013.altervista.org
giovedì 25 settembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
martedì 23 settembre 2014
lunedì 22 settembre 2014
domenica 21 settembre 2014
sabato 20 settembre 2014
venerdì 19 settembre 2014
giovedì 18 settembre 2014
mercoledì 17 settembre 2014
martedì 16 settembre 2014
lunedì 15 settembre 2014
Alimenti che accelerano il metabolismo
domenica 14 settembre 2014
giovedì 11 settembre 2014
I gatti non obbediscono alla voce del padrone per cause evolutive
mercoledì 10 settembre 2014
Come conservare ed essiccare i fiori
Essiccazione all’aria
Una delle tecniche più conosciute è l’essiccazione dei fiori all’aria, basta prendere i fiori e appenderli a testa in giù in un luogo fresco areato e buio. E’ importante che il posto che decidete di usare sia buio perché se esposti alla luce perdono il loro colore naturale. Che tenderà comunque, con questa tecnica a sbiadire un po’, dandogli l’effetto anticato. Prima di esporre i fiori e appenderli privateli delle foglie e delle spine, cercate di legarli a piccoli gruppi e appendeteli. Il tempo di essiccazione varia in base anche al periodo. Sarà vostra cura tenerli controllati per valutare quando potranno essere pronti.
Essiccazione con la sabbia
Possiamo usare la sabbia per disidratare i fiori, basta utilizzare quella di mare e collocare i fiori sopra una scatola con uno strato di 10 mm di sabbia, adagiateli e ricopriteli con un altro strato di sabbia in modo tale da riempire tutti gli spazi. Esponete la scatola vicino ad una fonte di calore, o al sole. Una volta passato il tempo, valutate controllando già dopo 10 gg circa, prendete i fiori e spruzzateli con della lacca naturale per mantenere compatti i petali e conservarli per lungo tempo. Con questa tecnica i fiori devono essere ben staccati gli uni dagli altri e controllate bene che la sabbia sia penetrata in ogni punto. Esistono anche altri metodi per essiccare i fiori, ma alcuni richiedono l’impiego di sostanze non naturali come la paraffina. Potete anche decidere di essiccare i singoli fiori per fare un delizioso quadro, e allora è utile scegliere quelli più piccoli e meno corposi, come la viola, la margherita, la camomilla e procedete inserendole all’interno di un libro, che potete tenere in un luogo più asciutto e caldo. Potete mantenere in vita i vostri ricordi tramite i fiori e creare delle composizioni per abbellire la vostra casa.
http://ambientebio.it
Una delle tecniche più conosciute è l’essiccazione dei fiori all’aria, basta prendere i fiori e appenderli a testa in giù in un luogo fresco areato e buio. E’ importante che il posto che decidete di usare sia buio perché se esposti alla luce perdono il loro colore naturale. Che tenderà comunque, con questa tecnica a sbiadire un po’, dandogli l’effetto anticato. Prima di esporre i fiori e appenderli privateli delle foglie e delle spine, cercate di legarli a piccoli gruppi e appendeteli. Il tempo di essiccazione varia in base anche al periodo. Sarà vostra cura tenerli controllati per valutare quando potranno essere pronti.
Essiccazione con la sabbia
Possiamo usare la sabbia per disidratare i fiori, basta utilizzare quella di mare e collocare i fiori sopra una scatola con uno strato di 10 mm di sabbia, adagiateli e ricopriteli con un altro strato di sabbia in modo tale da riempire tutti gli spazi. Esponete la scatola vicino ad una fonte di calore, o al sole. Una volta passato il tempo, valutate controllando già dopo 10 gg circa, prendete i fiori e spruzzateli con della lacca naturale per mantenere compatti i petali e conservarli per lungo tempo. Con questa tecnica i fiori devono essere ben staccati gli uni dagli altri e controllate bene che la sabbia sia penetrata in ogni punto. Esistono anche altri metodi per essiccare i fiori, ma alcuni richiedono l’impiego di sostanze non naturali come la paraffina. Potete anche decidere di essiccare i singoli fiori per fare un delizioso quadro, e allora è utile scegliere quelli più piccoli e meno corposi, come la viola, la margherita, la camomilla e procedete inserendole all’interno di un libro, che potete tenere in un luogo più asciutto e caldo. Potete mantenere in vita i vostri ricordi tramite i fiori e creare delle composizioni per abbellire la vostra casa.
http://ambientebio.it
domenica 7 settembre 2014
venerdì 5 settembre 2014
giovedì 4 settembre 2014
Sapete (o credete di sapere) tutto su Chernobyl e Fukushima, ma nessuno Vi ha mai detto niente su Mayak.
Chernobyl e Fukushima non sono state le
uniche catastrofi nucleari planetarie. Dietro gli Urali, nella regione
di Chelyabinsk, una delle più inquinate di tutta la Russia, si sono
infatti verificati tre gravissimi incidenti. La centrale di Mayak (che
in russo significa “faro”) nacque nel 1949 per produrre plutonio per
armi nucleari, e dal 1949 al 1952 riversò circa 76 milioni di metri cubi
di rifiuti liquidi altamente radioattivi – principalmente cesio e
stronzio – nel Techa, fiume lungo il quale vivevano circa 124.000
persone, divise in villaggi dediti all’agricoltura e all’allevamento.
Nel 1957, nell’impianto di Mayak esplose un serbatoio di rifiuti
radioattivi e, oltre al cesio e allo stronzio, si aggiunse il ben più
pericoloso plutonio; l’esplosione formò una nube radioattiva che coprì
un’area di circa 23.000 chilometri quadrati, creando l’area della “East
Ural Radioactive Trace” e sprigionando almeno il doppio dei radionuclidi
dell’incidente di Chernobyl.
Il terzo incidente ebbe luogo nel 1967,
quando il Lago Karachay, usato per lo smaltimento dei rifiuti nucleari
più pericolosi, si asciugò a causa di un’estate
torrida, e i venti spazzarono le sue polveri radioattive per un’area di circa 2.000 chilometri quadrati. Questi incidenti, la cui gravità si evince anche solo dai numeri, furono tenuti completamente segreti fino all’esplosione di Chernobyl. Dopo questo incidente, che più di quello di Three Mile Island (Usa) focalizzò l’attenzione dell’intero pianeta sulla pericolosità della produzione di energia da fonte nucleare, il governo sovietico non fu più in grado di nascondere i disastri precedenti. Oggi, a cercare di fare luce su queste remote stragi ambientali e sociali sono tre italiani: il documentarista Alessandro Tesei, già autore del pluripremiato film Fukushame, in cui si mostrano le falle del sistema giapponese nell’affrontare la strage di Fukushima, il fotoreporter Pierpaolo Mittica e il ricercatore e antropologo Michele Marcolin. Obiettivo dei tre? Raccontare in un documentario cosa è successo in quei luoghi dimenticati dalla storia.
torrida, e i venti spazzarono le sue polveri radioattive per un’area di circa 2.000 chilometri quadrati. Questi incidenti, la cui gravità si evince anche solo dai numeri, furono tenuti completamente segreti fino all’esplosione di Chernobyl. Dopo questo incidente, che più di quello di Three Mile Island (Usa) focalizzò l’attenzione dell’intero pianeta sulla pericolosità della produzione di energia da fonte nucleare, il governo sovietico non fu più in grado di nascondere i disastri precedenti. Oggi, a cercare di fare luce su queste remote stragi ambientali e sociali sono tre italiani: il documentarista Alessandro Tesei, già autore del pluripremiato film Fukushame, in cui si mostrano le falle del sistema giapponese nell’affrontare la strage di Fukushima, il fotoreporter Pierpaolo Mittica e il ricercatore e antropologo Michele Marcolin. Obiettivo dei tre? Raccontare in un documentario cosa è successo in quei luoghi dimenticati dalla storia.
«La ricerca si è sviluppata tra visite nei
luoghi contaminati e interviste a persone coinvolte all’epoca dai vari
incidenti, per capire come hanno vissuto in quegli anni, e come ora
affrontano l’aumento esponenziale di morti per tumore e di malformazioni
e problemi mentali alla nascita», racconta Tesei: «Abbiamo trovato una
grande confusione, e diversi modi di trattare sia il problema che le
persone: alcune vivono ancora a ridosso del fiume Techa, e
il governo russo gli concede una misera pensione di circa 6 euro al
mese. Altre sono state evacuate in zone ugualmente contaminate. Altre
ancora sono riuscite, dopo intense battaglie legali, a ottenere dei
risarcimenti che gli hanno permesso di spostarsi in zone più salubri».
Il farsi riconoscere lo status di vittima della contaminazione è però
complesso, aggiunge il filmaker, «e ovviamente il governo russo, così come sta facendo a Fukushima quello
giapponese, crea dei muri di burocrazia che confondono e spesso dissuadono le persone dal far valere i propri diritti».
giapponese, crea dei muri di burocrazia che confondono e spesso dissuadono le persone dal far valere i propri diritti».
I documentaristi italiani sono stati
guidati in questo viaggio da Nadezhda Kutepova, storica attivista e
avvocatessa che aiuta le persone di quelle zone a farsi valere tramite
azioni legali. «Grazie a lei abbiamo avuto addirittura la possibilità di
assistere a un processo per il riconoscimento dello status di vittima
delle radiazioni, che è stato vinto dalla sua assistita. Una spinta per
tutti quelli che pensano di rinunciare in partenza, spaventati dalle
prime difficoltà», rivela Tesei. «Molte altre cose ci sarebbero da
aggiungere – conclude il regista marchigiano – ma ciò che davvero
spaventa e lascia increduli è il fatto che ogni governo,
sia esso russo, giapponese o italiano, nel corso del tempo e
perfettamente consapevole delle conseguenze di scelte scellerate,
continui imperterrito a comportarsi in maniera criminale ai danni della
comunità». Da Kyshym a Fukushima sono passati 54 anni. Ma lastoria, in
effetti, sembra sempre la stessa.
(Andrea Bertaglio, “Nel 1957 a Mayak la catastrofe nucleare più grave della storia”, da “La Stampa” del 2 agosto 2014).
lunedì 1 settembre 2014
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